La Mozart suona in carcere e sul podio sale una detenuta

La Mozart suona in carcere e sul podio sale una detenuta
PER una mattina, per poco più di un’ ora, le note della Serenata per archi di Ciajkovskij hanno attraversato le celle del carcere della Dozza. Per una mattina, i carcerati hanno applaudito e applaudito ancora alcuni ospiti decisamente insoliti tra quelle pareti, i musicisti dell’ Orchestra Mozart. Ventitré strumentisti in jeans e pullover (alle prese con violini, viole, violoncelli e contrabbassi), diretti da Diego Matheuz, giovane venezuelano, primo direttore ospite dell’ Orchestra riunitae diretta da Claudio Abbado. Hanno suonato ieri in carcere, e per qualche minuto hanno persino ceduto la bacchetta a una giovane donna reclusa (nella foto di Caselli Nirmal e Sole Travagli), «perché anche dalla musica passa la dignità delle persone», come ha ricordato il direttore della Casa Circondariale, Ione Toccafondi. IL CONCERTO di ieri è stato l’ evento culminante di tre giornate che l’ Orchestra Mozart ha voluto dedicare al tema della musica e dell’ impegno sociale, animandole con incontri, convegni e naturalmente concerti, l’ ultimo dei quali ieri pomeriggio all’ Ospedale Sant’ Orsola. Non è la prima volta che l’ ensemble, nato in seno all’ Accademia Filarmonica, fortemente sostenuto dalla Fondazione Carisbo (il cui presidente Roversi Monaco è anche presidente dell’ Orchestra) suona in carcere. E in passato ha suonato anche davanti agli ospiti della Caritas, ai bambini ricoverati, ai terremotati dell’ Abruzzo. Ma ieri l’ incontro tra i musicisti, i detenuti e gli agenti della polizia penitenziaria è stato particolarmente intenso. E forse anche per stemperare l’ emozione tra i detenuti e gli agenti, quando ha preso la parola il violoncellista Luca Franzetti, ha presentato i suoi colleghi musicisti in maniera molto originale. «In un’ orchestra tutto deve muoversi in armonia ha esordito – un po’ come se fosse una piccola comunità». Poi, rivolgendosi ai detenuti, ha cercato di strappare qualche sorriso. «Quella di oggi si chiama orchestra sinfonica, perché mancano i fiati. È venuta da voi la parte migliore, insomma», ha scherzato il musicista. «Non a caso, quando ci sono i fiati e mancano gli archi – ha continuato – si chiama banda». Poi ha lanciato un appello a tutti i detenuti, invitandoli a raggiungerlo al centro della cappella per provare l’ emozione di dirigere un’ orchestra. Qualche attimo di imbarazzo e di sorrisi arrossati, qualche «vacci tu», «no, io mi vergogno». Finché una detenuta ha sconfitto l’ emozione, si è alzata in piedi, ha preso in mano la bacchetta e ha dato il tempo all’ orchestra, che per qualche secondo ha ricominciato a suonare. «Sono sempre stato profondamente convinto che la musica contenga in sé una forza un grado di travalicare i suoi stessi confini», ha scritto Claudio Abbado: «La musica è necessaria alla vita, può cambiarla, migliorarla e in alcuni casi addirittura salvarla».E ieri la sua Orchestra ne ha dato una prova.
BEPPE PERSICHELLA